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V

[Se ’l Gran Capitano debbe accettare la impresa di Italia.]1


Io non mi maraviglio piú che nelle cose dubie si truovino tante questione e contrarietá di opinione tra gli antichi scrittori, poi che io veggo che e’ non manca chi vogli in una cosa tanto chiara mettere disputa. Tutti gli amici vostri, poi che voi tornasti da Napoli, si sono sempre doluti che la altezza del re vi abbi tenuto in ocio, ed è loro dispiaciuto che la abbi in guerre tanto importanti adoperato altri capitani e voluto piú tosto con suo danno detrarre alla gloria vostra, che con sua utilitá darli augumento. Questo medesimo dolore abbiamo creduto essere stato nel petto vostro e ragionevolmente, perché nessuno dispiacere può essere maggiore negli uomini grandi e che si conoscono virtuosi, che non avere facultá di mostrare quello che e’ sono, e che con danno di altri le virtú loro stieno oscure. Né ha anche la natura dati tanti ornamenti a uno uomo perché li stieno sepulti, ma perché con quelli giovi alli altri; e però chi si tiene sufficiente e non si vuole mostrare quando ne ha commoditá, manca non solo a sé medesimo, ma a tutta la generazione umana, ed è da essere comparato a uno avaro che tiene e’ sua tesori occulti nella cassa sanza profittarne a sé o a altri. Ora doppo molto tempo vi è

  1. Precede, di mano dell’autore, e d’altro inchiostro: Questo scrissi l'anno 1512 essendo imbasciadore in Spagna.