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oratio defensoria 253

non si giudichi la causa col grido ma si cerchi la veritá; odinsi diligentemente e’ testimoni, pesinsi le pruove, considerinsi bene le conietture; concesso questo, che nessuno, mi si può1 negare, sono giá assoluto, sono liberato. Né io, giudici, fo instanzia che voi giá fermiate nello animo vostro che questi romori siano falsi, che siano contrari alla veritá; non vi dimando questo, se bene quando io lo dimandassi, non dimanderei forse cosa troppo inconveniente: perché che ingiustizia sarebbe, che essendo in su una bilancia da uno canto le cose fatte da me per el passato, la esperienzia di tanti anni, e quello che lungamente voi ed ognuno ha inteso e creduto di me: da altro niente, eccetto una opinione in aria durata quattro dí, uno romore incerto sanza origine, sanza autore, sanza verisimilitudine alcuna; che ingiustizia, dico, sarebbe, se con uno fondamento fermo, certo e paragonato, si ributtassi una vanitá di uno grido che non ha né veritá né colore? Ma io non dimando questo, non voglio che le cose mie procedino con sí buona condizione, non che mi giovi le fatiche, el sudore e pericoli di tanti anni, non che voi abbiate memoria alcuna di quello che per el passato avete veduto e creduto me; bastami, contentami, ho per grandissima felicitá, che stiate con la opinione vostra sospesi, stiate neutrali, parati a credere che e’ carichi siano veri, se con le pruove e con la chiarezza, e non col grido, si mostrerrá che siano veri; parati ancora a credere che siano falsi, se con la veritá, con la ragione si mostrerrá che siano falsi.

E perché tutto el fondamento della causa, tutta la difesa mia consiste qui, e fermato bene questo, è remosso ogni difficultá, ogni disputa, io, se non mi confidassi interamente nella sapienzia vostra, mi ci affaticherei piú, mi distenderei piú, allegherei molti esempli per e’ quali saresti capaci non solo voi che sanza questo siate, ma ancora tutto questo popolo, né manco che gli altri, quegli che hanno creduto piú che gli

  1. Cosí il testo.