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oratio accusatoria 209

tanta riputazione, tanta grandezza, tanta pompa ed onori, e nella quale ha sempre pensato e sperato piú quasi perpetuarla che finirla, possa sopportare pazientemente la vita privata, possa vedersi spogliato di tutte quelle cose che lo facevano differente dagli altri, possa sopportare che noi mediocri cittadini gli siamo pari, parliamo delle cose della cittá, o seco o sanza lui come di cosa commune; non si vergogni d’averci per compagni ne’ magistrati, possa tollerare d’avere a essere vegghiato e giudicato da’ nostri pari, d’avere a essere finalmente condannato da voi?

Non è cosí, giudici, non è. Non solo tutti e’ suoi pensieri e disegni non hanno altro fine che ritornare a quello che ha perduto; ma chi potessi sapere la veritá, tutti e’ sogni della notte non sono pieni di altro che di guardie, di staffette, di governi, di eserciti, di signori e di tiranni. E certo, come io sono naturalmente inclinato piú a pensare e desiderare el bene, che a interpretare male, se io non vedessi nel resto della vita sua manifesti effetti, se io non lo vedessi avarissimo, io mi lascerei facilmente persuadere che avessi lo animo quieto, e che essendosi goduto modestamente tanti anni quello bene che la fortuna gli aveva dato, ora si accommodassi facilmente a quello che succede, come prudente che è, e finalmente come buono non tenessi piú conto delle particularitá sue e degli oblighi che ha co’ tiranni, che del bene universale e della libertá della sua patria. Ma quando mi rivolgo nella mente le opere sue e la vita passata, e ricognosco e’ costumi e cattivi fini suoi, e quello che sempre è stata la natura sua, la ragione mi vince, e mi bisogna, ancora che io non voglia, acconsentire e confessare che lui non desidera e pensa a altro che potere satisfare alle cupiditá sue, e ritornare in quella vita dove pensa che consista la felicitá.

Ricordomi averlo cognosciuto e conversato seco quando era giovanetto: non si potrebbe dire quanto era inquieto, quando desideroso di governare gli altri compagni suoi, ed essere sempre el primo fra tutti, nelle compagnie o come diciamo noi nelle buche, pieno di sètte e di praticuzze, semi-