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oratio accusatoria 207

dove giá undici anni è stata la casa, la vita, la spesa e la corte sua non da privato ma da principe, ora gli sono mancati e’ guadagni, gli è mancata la autoritá, sta sottoposto alle legge ed alla esistimazione degli uomini, e bisogna ancora che aspro gli paia che viva in casa e fuora in dimostrazione ed in effetti cosí privatamente, cosí abiettamente come fa ciascuno di noi.

Non crediate, giudici, che quelle cittá che lui ha governato siano povere e debole come sono quelle del vostro dominio; non crediate che chi le governa per la Chiesa vi stia con poca corte, con poco braccio o con la autoritá limitata come stanno e’ vostri rettori; e’ quali per avere poco salario, per vivere obligati alle legge vostre, per avere vicina la cittá dove e’ sudditi ogni di hanno ricorso, si può quasi dire che in fatti ed in apparenzia siano poco meglio che privati. Ma immaginatevi cittá grande, abundanti, ricche, piene di nobilitá, piene di conti e di baroni, dove e’ governatori hanno gli emolumenti ordinari ed estraordinari grandissimi, dove hanno la autoritá molto maggiore: non sottoposta a legge o regola alcuna, è tutta in arbitrio loro. Per essere el papa lontano ed occupato in cose molto maggiore, non possono avere e’ sudditi ricorso a lui se non con grandissima spesa e difficultá, e con pochissimo profitto; in modo che reputano per manco male sopportare da’ governatori le ingiurie che gli sono fatte, che cercando el remedio perdere tempo e danari, e provocarsi piú chi di nuovo gli può ingiuriare; e però uno governatore ed è e pare signore di quelle cittá.

E certo se voi avessi veduto, giudici, messer Francesco in Romagna, come credo che qui siano presenti molti che l’hanno veduto, con la casa piena di arazzi, di argenti, di servidori, con el concorso di tutta la provincia, che dal papa in fuora, quale rimetteva totalmente ogni cosa a lui, non cognosceva altro superiore, con una guardia intorno di piú di cento lanzchenech, con alabardieri, con altre guardie di cavalli andare per la cittá in mezzo sempre di centinaia di persone, non cavalcare mai con manco di cento o centocinquanta