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182 consolatoria

hai dunche causa giusta di desiderare piú le faccende per questo conto, anzi piú tosto d’aborrirle per cavare dell’onde e della tempesta e conducere in porto ed assicurare la nave tua, carico di buono concetto e di laude rare degli uomini.

Per un’altra ragione è laudabilissimo el desiderio di travagliare, quando l’uomo cognoscendo le sue buone qualitá, si persuade o per la condizione de’ tempi che corrono o per altro rispetto, potere essere utile alla patria o agli altri, e mosso da bontá di natura desidera farlo; e questo non credo che ti cruci, perché quando bene tu presummessi di te piú che degli altri, non è el vivere di Firenze di sorte che uno cittadino solo possi essere di momento grande alle cose; e pure quando questo fussi, assai hai satisfatto allo instinto che ti muove con lo essere disposto e parato a farlo quando n’abbia occasione o quando la patria ti ricerchi; né ti può dare dispiacere alcuno o molto leggiere o molto commune, se el non gli fare tu questo bene manca da lei o da quelli che sarebbono beneficati, che o non lo credono o non lo vogliono.

Può muovere chi desidera faccende un’altra ragione, la quale non è laudabile come le superiori, pure non è anche dannabile, e questo è lo appetito degli onori, non dico della buona fama, della buona opinione e della gloria di che è detto di sopra, ma di non avere passato la vita sanza magistrati grandi; né può cadere in te questo, perché n’hai avuti tanti e di tanta qualitá ed in etá giovane, che si può dire che sono forse centinaia di anni che della patria nostra non uscí cittadino piú onorato di te. Desiderano altri faccende per appetito di guadagnare, e questo oltre a essere fine basso, non credo ti dia affanno, perché se Dio ti conserva le facoltá che hai, sono al grado tuo tante che bastano; ed io mi ricordo averti molte volte udito dire che ci fine delle fatiche e travagli tuoi non era le ricchezze, perché sapevi non avere a guadagnarne mai tante che sempre a Firenze non fussino molti cittadini che sanza virtú, sanza qualitá rare ne avessino molto piú di te; e però che tu eri piú vòlto al fine dell’onore, nel