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del modo di ordinare il governo popolare 229


vergogna a’ cattivi. Perché se si vedessi che quando uno in uno officio non si è portato bene o ha ordinariamente mala fama, che el populo non gliene dessi piú e che e’ favori si volgessino a chi fa buona pruova, sarebbe uno grande stimolo a chi ha buono animo ed uno freno grande a chi l’ha cattivo; mancando questa distinzione, manca el premio che è uno de’ dua capi in su’ quali dissono li antichi savi essere fondate le republiche.

È stato origine di questo male una ambizione venuta in ognuno di volersi ingerire a tutti li onori, ed una cosa che è naturale a tutti e’ populi, quando e’ non sono bene timoneggiati, di usare insolentemente la sua libertá. A che ha dato tutto el fomento la legge dello imborsare tutti quelli che avessino vinto el partito per la metá delle fave ed una piú, perché in uno consiglio dove sono tanti li ambiziosi, tanti e’ cattivi, tanti li ignoranti, non è maraviglia che moltissimi ottenghino quello partito; e però sarebbe approvato el ridurre a’ partiti delle piú fave, come si fece ne’ primi anni del consiglio, e si vedeva che ut plurimum le elezione erano buone e sarebbono state ogni di migliore, quando lo stato si fussi piú consolidato e fussino mancati molti sospetti che alteravano qualche volta el giudicio del populo.

Questo modo sarebbe migliore e piú ragionevole perché non è giusto che sieno posti in luogo pari colui che in uno numero di mille è approvato da ottocento e quello altro che non piace se non a cinquecentuno, né è secondo la natura del governo populare, nel quale ha a essere signore el populo e non la sorte, e da lui si hanno a riconoscere li onori, non dalla fortuna. Opponsi a questo due ragione: la prima, che e’ genera inimicizie e malo animo tra quelli che si reputano pari, vedendo l’uno preporsi lo altro né parendoli ragionevole, ed anche molte volte a torto perché non si può negare che non si facci delle estravaganzie; la altra, che con questo li ufici andrebbono stretti, e pure è conveniente che in uno governo populare e dove ognuno paga le gravezze, che ognuno participi nel grado suo e massime delli utili. Nondimeno io