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188 discorsi del reggimento di Firenze


sufficienti, io lo confessi; ma dico che anche è utile e ragionevole che come ognuno sente delle gravezze e degli incommodi, cosí ancora participi degli emolumenti e de’ commodi, perché questo è uno de’ fini sustanziali della libertá; e quando bisognassi patire uno de’ dua inconvenienti, o che e’ magistrati si dessino a persone che le cose non fussino bene governate, o mandargli stretti, la necessitá mi farebbe confessare che manco male è la strettezza; pure è male l’uno e l’altro, e però si debbe cercare di uno modo, el quale, se io non mi inganno, si può trovare facilmente, anzi è trovato, e che e’ magistrati non disordinino, e che ci sia una larghezza non sbracata, ma temperata e conveniente. Cosí l’uno rispetto comporterá l’altro, e nella cittá nostra sará quella armonia e concordanza di voce, con la quale dicono gli antichi che a imitazione della musica debbono essere temperate le republiche; e come si dice in proverbio, non sará una insalata di una erba sola, ma ci sará de omni genere musicorum; ed a quegli che sessanta anni continui aranno portato el basto, toccherá pure andare a cavallo la volta sua.

Dicono costoro che quando gli ufici si eleggono per le piú fave, che si danno a persone piú scelte, perché s’ha a reputare che meritino piú quegli in chi concorre el giudicio di piú numero; ed io confesserei el medesimo, se quegli che intervengono a eleggere, cioè gli uomini del consiglio, fussino tutti di una medesima qualitá e di uno medesimo grado, perché non ci sendo ragione particulare che gli avessi a fare variare, si potrebbe credere che fussi el meglio quello in chi concorressino e’ piú. Ma el difetto nasce che tutti noi che siamo del consiglio, non siamo di uno grado medesimo né abbiamo e’ medesimi fini; perché ci è una sorte di uomini, cioè quelli che sono dal quattro in su, che per essere piú ricchi, tenuti piú nobili, o che hanno fresca nello stato la riputazione de’ padri e degli avoli, pare loro che a loro propri si appartenga lo stato, e che e’ nostri pari cioè el tre, dua, asso, non meritino le degnitá; ma che ci dobbiamo contentare con qualche uficiuzzo, e del resto portare la soma come abbiamo fatto per el passato.