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dunque ciò ch’è ne’ tuoi voti.
Io cedo, m’abbandono, m’annïento:
tu, come impetüosa ala di vento, m’investi, mi travolgi, mi riscuoti.
Voglio che la vertigine mi ruoti a torno a torno con fulgor di cento faci e la voluttà folle un momento m’arda, mi strugga sui suoi roghi ignoti.
Più non m’apparterrò. Sarò la cosa chiusa nel pugno del dominatore, pel bene ch’egli spera e il mal ch’egli osa.
Ma, calmata l’angoscia dei desii torbidi, tu, se non vuoi farmi orrore, fuggi, e il tuo volto ed il tuo nome io oblii.