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il sottile inganno 141

della defunta, con una tenerezza quasi riconoscente per lei che gli permetteva di rivivere quel passato con un senso di felicità un po’ stupita, ma tuttavia dolce.

La risposta non si fece attendere molto e gli parve più della prima delicatamente espansiva e soffusa qua e là di grazie letterarie d’un raffinato buon gusto, le quali lo incitarono a replicare dopo qualche tempo su lo stesso tono elegante di disinvolta confessione e gli permisero di deplorare spiritosamente la solitudine intima a cui lo costringeva il borgo selvaggio nel quale gli toccava per ora di vivere.

Matilde Lanzi gli scrisse allora parlandogli di sua cugina Marta, la quale non portava più gli occhiali a stanghetta che in collegio le avevano imposto, ma incorniciava di due ondulate bande di capelli castani la sua faccia un po’ stupita di graziosa miope. Abitava anch’ella in campagna nella villa che possedevano in comune con una vecchia parente che faceva da governante.

Egli sorrise di quelle vaghe allusioni che intendevano propiziare una possibile unione di parentele, ma non vi ammise molta importanza. Ormai era tutto preso dalla gioia di quella corrispondenza con una donna veramente rara di intelligenza e di cultura, la quale lo comprendeva come nessun’altra lo aveva mai compreso e con cui tutte le sue