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gisse con unanime entusiasmo, lasciando libera la via al nemico, il quale procedette tranquillo sino all’Umbria.

Il Colli, scappato vergognosamente anche lui, se si crede al Leopardi, finì col mettere lo spavento nei vecchi pusillanimi che consigliavano Pio VI, dichiarando che non c’era più nulla da fare; e tutto si preparò per una fuga a Terracina, colla evidente intenzione di passare poi nel Napoletano.

Ma il vincitore mandò parole di pace e i poveri spaventati si decisero a pagare lo scotto dei vecchi errori e delle millanterie. Veramente lo scotto, come al solito, lo pagò il paese che dovette metter fuori i milioni necessari, ma intanto il Papa e i Cardinali si rassicurarono e firmarono la pace di Tolentino (19 febbraio).

L’articolo VII del trattato dice: “Il Papa rinuncia egualmente a perpetuità, cede e trasferisce alla Repubblica Francese tutti i suoi diritti sui territori conosciuti sotto il nome di Legazioni di Bologna, di Ferrara e della Romagna”. E l’art. XXV aggiunge: “Tutti gli articoli, clausole e condizioni del presente trattato, senza eccezioni, sono obbligatorie in perpetuo tanto per S. S. Papa Pio VI, quanto per i suoi successori”.

Certo, e tutti lo sanno, altri successivi trattati, specialmente quel di Vienna, mutarono le cose e restituirono al pontefice le Legazioni e le Romagne; ma non è men vero che il Papa in un pubblico trattato, rivestito della sua ratificazione, sia pure per paura di peggio, aveva emesso piena ed esplicita rinunzia