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capitolo xvii. 155


chiedono maggior prova di coraggio ed espongono a maggiori pericoli? Cicerone informi, e la sua testa recisa, e la sua lingua sforacchiata. Da’ retta a me, non rompere paglia con la fortuna. Considera la immensa soddisfazione di vederti a un tratto mutare scena davanti. Coloro che prima ti squadravano a squarcia sacco, fingendo di non riconoscerti, eccoli tutti umili venire a metterti il prezzemolino al naso; adesso tu li farai aspettare ore ed ore nella tua anticamera come l’ultimo dei tuoi servitori... ecco venuta la tua volta di fingere di non li riconoscere, anzi di neppure vederli... se ti capitassero sotto — e non può mancare che qualcheduno di loro, o dei loro aderenti, non ti ci capiti — io ti raccomando di pigliarti la voluttà di stringerli così per vezzo un zinzino per la gola...

— Ah! proruppe dal cuore Fabrizio, toccato sul debole, se non fosse Dio che mi tenesse le sue sante mani in capo... a quest’ora!...

— Lascia Dio a casa sua, che qui non ci ha che fare; di’ che ti tiene la tua superbia o piuttosto la tua sterile vanità.

— Sarà come volete; ma tanto è, una ripugnanza invincibile mi respinge indietro... e poi adesso mi casca nella mente un’altra considerazione: alle gravi spese di casa come potrei sopperire io? La bella e cara Bianca, da noi unicamente diletta, a modo di farfalla che folleggia da fiore a fiore, s’i-