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malvagia e ’nganni piú chi piú si fida.

Sotto quell’umiltá, sotto que’ preghi
si nasconde Corista : tu non puoi
esser da te diversa. Ancor contendi?
CORISCA. Oimè il mio capo! Ah crudo! ancor un poco
ferma, ti prego; ed una sola grazia
non mi negar, almen.
Satiro. Che grazia è questa?
CORISCA Che tu m’ascolti ancor un poco.
Satiro. Forse
ti pensi tu con parolette finte
e mendicate lagrime piegarmi?
Co RISC a. Deh ! Satiro cortese, e pur tu vuoi
far di me strazio?
Satiro. Il proverai. Vien’ pure.
CORISCA. Senza avermi pietá?
Satiro. Senza pietate.
CORISCA. E ’n ciò se’ tu ben fermo?
Satiro. In ciò ben fermo.
Hai tu finito ancor questo incantesimo?
CORISCA. O villano indiscreto ed importuno,
mezz’uomo e mezzo capra, e tutto bestia,
carogna fracidissima e difetto
di natura nefando, se tu credi
che Corisca non t’ami, il vero credi.
Che vuoi tu ch’ami in te? quel tuo bel ceffo?
quella sucida barba? quell’orecchie
caprigne? e quella putrida e bavosa
isdentata caverna?
Satiro. O scelerata!
a me questo?
CORISCA. A te questo.
Satiro. A me, ribalda?
CORISCA. A te, caprone!
Satiro. Ed io con queste mani
non ti trarrò cotesta tua canina
ed importuna lingua?