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(oh dolente memoria!) il cor perdei,

anzi quel che del core
m’era piú caro assai,
bambin tenero in fasce,
unico figlio allora, e da me sempre
e vivo e morto unicamente amato.
Rapillo il fier torrente
prima che noi potessimo, sepolti
nel terror, ne le tenebre e nel sonno,
provar di dargli alcun soccorso a tempo;
né pur la culla stessa, in cui giacea,
trovar potemmo, ed ho creduto sempre
che la culla e ’1 bambin, cosi com’era,
una stessa voragine inghiottisse.
Titiro. Che altro si può credere? ben parmi
d’aver inteso ancora, e da te, forse,
di questa tua sciagura, veramente
sciagura memorabile ed acerba;
e puoi ben dir che di duo figli, l’uno
generasti a le selve e l’altro a Tonde.
Montano. Forse nel vivo il ciel pietoso ancora
ristorerá la perdita del morto.
Sperar ben si dé’ sempre. Or tu m’ascolta.
Era quell’ora a punto
che, tra la notte e ’l di, tenebre e lume
col fosco raggio ancor l’alba confonde;
quand’io, pur nel pensiero
di queste nozze avendo
vegghiata una gran parte della notte,
alfin lunga stanchezza
recò negli occhi miei placido sonno,
e con quel sonno vision si certa.
che di vegghiar dormendo
avrei potuto dire.
Sopra la riva del famoso Alfeo
seder pareami a l’ombra