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e la noia disprezzo ed odio alfine.

Né far peggio può donna, che lasciarsi
svogliar l’amante: fa’ pur ch’egli parta
fastidito da te, non di te mai. —
E cosi sempre ho fatto. Amo d’averne
gran copia, e li trattengo, ed honne sempre
un per mano, un per occhio; ma di tutti
il migliore e ’l piú comodo nel seno;
e, quanto posso piú, nel cor nessuno.
Ma, non so come, a questa volta, ahi lassa!
v’è pur giunto Mirtillo, e mi tormenta
si, che a forza sospiro, e, quel eh’è peggio,
di me sospiro, e non inganno altrui,
e le membra al riposo e gli occhi al sonno
furando anch’io, so desiar l’aurora,
felicissimo tempo degli amanti
poco tranquilli. Ed ecco, io vo per queste
ombrose selve anch’io cercando Torme
de l’odiato mio dolce desio.
Ma che farai, Corisca? il pregherai?
No, ché l’odio non vuol, bench’io’l volessi.
Il fuggirai? né questo Amor consente,
benché far il devrei. Che farò dunque?
Tenterò prima le lusinghe e i prieghi,
e scoprirò l’amor, ma non l’amante;
se ciò non giova, adonrerò l’inganno;
e, se questo non può, fará lo sdegno
vendetta memorabile. Mirtillo,
se non vorrai amor, proverai odio;
ed Amarilli tua farò pentire
d’esser a me rivale, a te si cara;
e finalmente proverete entrambi
quel che può sdegno in cor di donna amante.