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toglie molto di forza a quel terrore che v’interviene. E pero degnamente Aristotile la ripose nel secondo grado delle trage- die. Per questo il Pastorfido non fu fatto nell’altre parti, come è nell’esser misto, simile a quella. E, benché con buona co- scienza, per la gran somiglianza che ha l’una con l’altra, si fosse potuto, alcune cose mutandone, darle titolo di «tragedia», fu però assai meglio ch’egli avesse il primo luogo nelle tragi- commedie che ’l secondo nelle tragedie, e che fosse una favola in genere tragicomico perfettissima, quantunque da meno re- putata delle tragedie, piú tosto che una tragedia degenerante e per non eccellente dal filosofo giudicata. Certa cosa è che la poesia tragicomica pecca meno nell’unitá che non fa quella della doppia costituzione, imperocché la tragicommedia ha un fine solo proporzionato alle persone, cosi comiche come tragi- che, le quali in essa si rappresentano. Ma la doppia ne ha ben duo infra di loro differentissimi, l’un de’ quali né tragico né comico dir si può: non tragico, perciocché le persone sono peggiori; non comico, perciocché la morte, che v’interviene, a fine comico si disdice. È dunque uno il poema misto, percioc- ché in esso le parti tragiche e comiche non istanno per formare, come s’è detto, separata o tragedia o commedia, ma acciocché da loro risulti, come a pieno s’è dimostrato, un nodo solo, un solo scioglimento e un sol fine, principalissime parti dell’unitá. E, perché noi dicemmo fin da principio che ’n duo modi potea parere che’l Pastor fido pecchi nell’unitá, l’uno per es- ser misto di parti tragiche e comiche, l’altro per essere inne- stato, poiché quanto al primo abbiamo assai ben discorso e provato ch’egli è poema legittimo, e non solo dell’arte poetica in generale, ma de’ precetti d’Aristotile in particolare, è ben che noi passiamo al secondo, e non fia forse inutile e dispia- cevole il trattato, si come senza fallo è ben nuovo e fin a qui. ch’io mi sappia, non ancor tócco da scrittore antico o mo- derno. Dirò primieramente qual cagione mosse Terenzio ad innestar le sue favole e poscia difenderono, a confusion di coloro che sono stati arditi di biasimarlo, e a consolazione di chi, seguendolo, ha scritto e di chi pensasse di scrivere in