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sola vertú di dilettare imitando. E, si come ogni cosa terri- bile non è atta a purgare il terrore (ciò si pruova nelle pitture, quantunque orribili e spaventose, e nelle cose della medesima qualitá, che solamente si narrano senz’arte alcuna drammatica), cosi ogni rassomiglianza del terribile non produce tragedia, s’ella non vien condotta con l’altre parti che ci concorrono. E che sia vero: quando Aristotile difende il Fior d’Agatone e l’altre di nomi finti, non dice ch’elle purghino come l’altre, ma che dilettano, perciocché l’animo non si purga, s’egli non si contrista, non essendo altra cosa il terrore e la commisera- zione che dolore e tristizia, a cui repugna dirittamente il diletto, né il contristare ha luogo dove si rappresentan favole finte e cose ridicolose. Se dunque la tragedia diletta, ciò fa imitando; e fallo in quella guisa con che si suole ingannare il fanciullo abborrente la medicina, ugnendo l’orlo del vaso, come dice Lucrezio, d’alcuna cosa dolce per allettarlo a bere la medicina. Dilettan le viste tragiche; ma lascian poi al fine una mestizia grande nell’animo, la quale è quella che purga. E però a molti non piace il poema tragico in sua natura, perciocché tutti non han bisogno di quella purga. E, si come l’etá si mutano, cosi i costumi si cangiano. Piacque prima nella sua infanzia la tragedia tutta giocosa, e dopo alquanto di tempo dilettò grave. Cominciò poi a piacere il primo diletto, e v’introdussero i romani, si come avevano fatto i greci altresi, un’altra volta i satiri. E questa è la vera cagione delle differenze e de’ gradi che sono nelle favole piú e meti tragiche, perciocché, veggendo i poeti i vari gusti degli ascoltanti, alcuna volta componevan le fa- vole col fin lieto per rimettere in parte quell’acrimonia. Quinci agevolmente si può tór via quella contradizione che par ne’ detti d’Aristotile, il quale, favellando della tragedia terminante in felicitá, dice che la ’mperizia del teatro le concedeva il primo luogo di dignitá, e poco dapoi soggiunge che quelle di fin mesto son riputate le piú perfette; la quale incostanza nasceva dai diversi umori degli ascoltanti, perciocché tutti non hanno gusto di quel perfetto, senza che la maggior parte degli uomini si conducono a veder gli spettacoli per fine di ricrearsi e non