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per antidoto dei veleno, si maraviglierebbe vedendovi entrar la vipera, fra tutte l’altre serpi velenosissima. Ma cesserebbe la maraviglia, quando poi intendesse ch’ella non v’entri se non purgata del suo veleno, talché le parti sole, che salutifere sono, vi concorrono rintuzzate. Cosi fa chi compone tragicommedia, perciocché dall’una prende le persone grandi e non l’azione; la favola verisimile, ma non vera; gli affetti mossi, ma rintuz- zati; il diletto, non la mestizia; il pericolo, non la morte; dal- l’altra il riso non dissoluto, le piacevolezze modeste, il nodo finto, il rivolgimento felice, e sopratutto l’ordine comico, del quale a suo luogo ragioneremo. Le quali parti, in questa guisa corrette, possono stare insieme in una favola sola, quand’elle massimamente sono condite col lor decoro e con le qualitá del costume che lor convengono. Concludiamo noi dunque che la potenza del tragico, nata atta a fare una tragedia, non fará mai, dove concorrono l’altri parti nell’esser loro vigoroso ed intero, né commedia né tragicommedia, ma se tutte non vi concorrono. E, se invece delle tragiche, vi saran delle comiche, quella po- tenza non si condurrá mai all’atto di formare poema tragico, anzi il concorso delle parti tragiche e comiche circoncise fa- ranno quella potenza molto debole e molto rimota da potersi produrre in atto. Né questa è dottrina mia, ma del maestro Aristotile, il qual, volendo nei suoi maravigliosi libri della Ge- nerazione esattamente trattare della rimescolanza che fanno i corpi naturali, va prima, coin’è suo solito, dubitando se di co- tale rimescolanza la natura è capace, e argomenta cosi. Delle cose che si rimescolano, Luna delle due cose par necessaria: o che ambe si disperdano, o l’una si conservi e l’altra si perda. Che ambedue si conservino, non può dirsi, conciosiacosaché non seguirebbe rimescolanza, se l’una e l’altra si conservasse in quel medesimo stato, nel quale, prima che si rimescolassero, si trovava; ma neanche può dirsi che si dileguino, essendo che di cose non sussistenti niun composito, non che altro, imaginar non si può. Per la medesima ragione ancora è cosa impossibile che l’una si conservi e l’altra si perda, non potendosi fare di cosa, che non sia, rimescolanza di sorte alcuna, come s’è detto.