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193O-I932: APPUNTI DI FILOSOFIA I 459 che può servire come mezzo di dimostrazione limite, è quello del rapporto di oppressione militare nazionale, cioè di uno Stato, militarmente bene organizzato, che opprime territori di altra nazionalità, subordinando agli interessi del suo raggruppamento sociale dominante i raggruppamenti della stessa specie di queste nazionalità che opprime. Anche in questo caso il rapporto non è puramente militare ma politico-militare e le forze delle nazionalità oppresse non devono essere puramente militari, per la lotta d’indipendenza, ma militari e politicomilitari. Molte osservazioni a questo proposito si trovano nelle note scritte sul Risorgimento italiano5. Intanto: nel caso di oppressione nazionale, se la nazione oppressa, per iniziare la lotta d’indipendenza, dovesse attendere che lo Stato egemone le permetta di organizzare una propria forza militare nel senso stretto e tecnico della parola, avrebbe da attendere un pezzo. La nazione oppressa dunque opporrà inizialmente alla forza militare egemone una forza solo « politico-militare», | cioè elementi di azione politica che abbiano riflessi militari 70 nel senso: i° che abbiano efficacia disgregatrice [interna] nell’efficienza bellica della nazione egemone; 20 che costringano la forza militare egemone a diluirsi in un grande territorio, annullandone così gran parte dell’efficienza bellica. Nelle note sul Risorgimento appunto è stata notata l’assenza di una direzione politico-militare specialmente nel Partito d’Azione (per congenita incapacità) ma anche nel partito piemontese sia prima che dopo il 48, non per congenita incapacità, ma per « neomaltusianismo politico-economico », perché cioè non si volle neanche accennare alla possibilità di una riforma agraria e perché non si voleva la convocazione di una assemblea nazionale costituente, ma si voleva che la monarchia piemontese, senza condizioni o limitazioni di origine popolare, si estendesse a tutta l’Italia, con la pura sanzione dei plebisciti regionali. Un’altra quistione legata al problema trattato in questa rubrica è questa: se i fatti storici fondamentali sono determinati dal malessere o dal benessere economico. Un esame della storia mondiale ed europea mi pare obblighi ad escludere ogni risposta tassativa in questo senso e a procedere per approssimazioni a una risposta piuttosto generica in un piano non economico immediato, ma piuttosto d’ordine politico e intellettuale. Nel suo compendio di storia della Rivoluzione Francese, il Mathiez, opponendosi alla storia volgare tradizionale, afferma che verso il 1789 la situazione economica era piuttosto buona immediatamente, per cui non si può dire che la rottura dell’equilibrio esistente sia dovuta a una crisi di immiserimento (vedere esattamente le affermazioni del Mathiez)6. Naturalmente bisogna distinguere: lo Stato era in preda a una gravissima crisi finanziaria e la quistione si poneva così: quale dei tre stati doveva fare dei sacrifizi per rimettere in sesto le finanze statali e regali? Inoltre: se la situazione della borghesia era florida, certamente non buona era la situazione dei ceti artigiani | e operai e specialmente quella dei contadini servi della gleba 70 bis o sottoposti ad altre angherie e gravami di carattere feudale. In ogni caso la rottura dell’equilibrio non avvenne per causa di un immiseri-