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350 QUADERNO 3 (xx) Del Capuana occorrerà ricordare il teatro dialettale e le sue opinioni sulla lingua nel teatro a proposito della quistione della lingua nella letteratura italiana3. Alcune commedie del Capuana (come Giacinta, Malta, Il Cavalier Pedagna) furono scritte originariamente in italiano e poi voltate in dialetto: solo in dialetto ebbero grande successo. Il Tonelli, che non capisce nulla, scrive che il Capuana fu indotto alla forma dialettale nel teatro «non soltanto dalla convinzione che "bisogna passare pei teatri dialettali, se si vuole davvero arrivare al teatro na2Ìonale italiano” {...), ma anche e soprattutto dal carattere particolare delle sue creazioni drammatiche: le quali sono squisitamente dialettali, e nel dialetto trovano la loro più naturale e schietta espressione». Ma cosa poi significa «creazioni squisitamente dialettali »? Il fatto è spiegato col fatto stesso, cioè non è spiegato. Vedere nel 41 teatro di Pirandello le commedie in italiano e quelle I in dialetto. La lingua non ha «storicità» di massa, non è un fatto nazionale. Liolà in italiano non vale nulla sebbene 11 fu Mattia Pascal da cui è tratta sia abbastanza interessante \ Nel teatro in italiano, l’autore non si mette all’unisono col pubblico, non ha la prospettiva della storicità della lingua quando i personaggi vogliono essere «concretamente» italiani. Perché in Italia ci sono due lingue: l’italiano e il dialetto regionale e nella vita famigliare si adopera il dialetto: l’italiano, in gran parte, è un esperanto, cioè una lingua parziale ecc. Quando si afferma la grande ricchezza espressiva dell’italiano si cade in un equivoco: si confonde la ricchezza espressiva registrata nel vocabolario o contenuta inerte nella letteratura stampata, con la ricchezza individuale che si può spendere individualmente. Quest’ulti- ma conta, specialmente in certi casi: per misurare il grado di unità . linguistica nazionale, per esempio, che non è dato dal vocabolario ma dalla vivente parlata del popolo. Nel dialogo teatrale è evidente l’importanza di questo elemento : il dialogo dal palcoscenico deve suggerire immagini viventi, in tutta la loro concretezza storica, invece suggerisce, in gran parte, immagini libresche. Le parole della parlata famigliare si riproducono neirascoltatore come ricordo di parole lette nei libri o nei giornali e ricercate nel vocabolario, come sarebbe il francese in teatro ascoltato da uno che il francese ha imparato sui libri senza maestro: la parola è ossificata, senza articolazioni di sfumature, senza la comprensione del suo significato esatto che è dato da tutto il periodo ecc. Si ha l’impressione di essere goffi, o che goffi siano gli altri. Si osservi nell’italiano parlato quanti errori di pronunzia fa l’uomo del popolo: profugo, rosèo, ecc., ciò che significa che le pa- 41 bis role italiane le ha | lette, non sentite e non sentite ripetutamente, cioè collocate in periodi diversi, ognuno dei quali abbia fatto brillare una sfaccettatura di quel poliedro che è ogni parola. Cfr Quaderno 23 (vi), pp. 54-57* %