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volta leggerissima è la differenza che passa dal porre ad omettere l’articolo; e quanto è più sottile la differenza, tanto è più elegante, sì come quella che esprime le idee più delicate.

1. Il pensiero è atto proprio della ragione. D. 2. La pietà è una nobile disposizione d’animo. D. 3. A chi conoscimento ha, niuno dolore è pari a quello d’avere il tempo perduto. B.

Nei primi due esempj sono due qualificanti, della ragione e d’animo; ma perchè l’uno con l’articolo e l’altro senza? Il nome generico che può comprendere la ragione è potenza, essendo la ragione una delle potenze delle quali è dotato l’uomo. Ora, mette l’Autore in confronto questa con le altre potenze, e attribuisce a lei particolarmente l’atto di pensare; quindi v’appone l’articolo come a nome determinato dal genere alla specie.

Nel secondo esempio, se l’animo fosse messo in confronto con qualche altra cosa, non si potrebbe intendere se non col corpo, essendo queste le due parti di cui è composto l’uomo; ma, avendo già l’Autore qualificata indisposizione con l’aggettivo nobile, detto confronto non potrebbe più aver luogo, non potendosi una nobile disposizione attribuire se non all’animo. Dunque l’animo non è messo in confronto con l’altra parte dell’uomo, cioè col corpo; dunque non è nome determinato; quindi non ha articolo. Tolgasi per un esempio via l’aggettivo nobile, e allora si vedrà che l’articolo ci vuole; la pietà è una disposizione dell’animo; perciò che il corpo ancora ha disposizioni. Cosi nel 3. esempio egli è evidente che il tempo è posto in opposizione a qualunque altra cosa; egli è dunque determinato, e tratto