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434 biamo a guardare; e in ciò sarò iostancabile, imperterrito; £ noi abbiamo più di un modo da esprimere queste cose» e primieramente io dico che in vera lingua italiana, a chi la conosce, non fa luogo sostituir niente a quel vocabolo mez’ zif dicendosi; aifer da vix^ere^ da mantenere la famiglia, da fare una lite^ senza / mezzi; vedi a carte 33^; e aggiungo cbe qualunque idea esprìmano i Francesi, e massimamente di queste cose che sono di tutti i tempi, si troverà espressane! tesoro della lingua lasciatoci da quegli scrittori cbe illominarono tutto il mondo; e tacciansi una volta dal dire cbe noi abbiamo a prenderci dagli altri quel die noi non possediamo; però che se si volessero anche scartare i gilè et pantaloni dal volgar nostro, si troverebbe che noi abbiamo i corpetti e i farsetti^ le brache e i braconi, tolti dai classici* Et tornando al proposito, dico che con questi mezzi si son cacciate dalla lingua nostra quelle belle locuzioni che io ho prodotte, delle quali già piò non si sentiva il valore. j^i^er diche è un^altra espressione equivalente stWa^rmeszi. Il Boccaccio, parlando delle cortesie: Molti si sforzano di farle f i quali f ben che abbiati di che^ sì mal far le sanr no ecc. Prendere per in luogo di credere Per chi ci avete voi presi l’Dove il Firenzuola dice; Io credeva che voi foste lui^ e non vi aveva preso per lui. D ifficile per severo^ sottile^ increscevole^ sazievole. E parea $1alla Crusca ) le dovesse raccomandar fje-sto verbo anche il difficile giudice della bellezza esteriore delle parole^ dico f orecchio. Perchè intorno al libro di Dante quel difficile censore affermò. Pert* A fatica intender si può, l’occhio esser giudice àfft*