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coi verbi; poichè quando si dice vegliare il giorno, dormire la notte, quei due nomi, giorno e notte, non possono essere oggetti dei verbi; v’è sottintesa la preposizione in. Dove Dante dice: Arrivò la testa e il busto, non fa già del verbo arrivare d’un neutro uno attivo, ma v’intende la preposizione con. A chi dice: Visse i tempi di Traiano, d’Augusto, v’intende ancora in o a. Fece argani e ponti per passare gli armati; sottinteso con. E cosi, con l’analisi, e non altro, s’ha a dar ragione di queste irregolarità che sono eleganze. Finalmente, quando a que’verbi che riflettono l’azione nell’agente, come ingentilirsi, sedersi, tacersi, si toglie il si, non mutan natura più che i predetti; essi son pure i medesimi, manco il pronome, il quale, poichè si sa che l’azione non può esser portata sopra un oggetto esterno a chi opera, ma di necessità convien che torni in lui, si può sottintendere.

A danno adunque della ragione e della intelligenza delle cose si vuole assoggettare una lingua a vocaboli che ad. un’altra esclusivamente appartengono; e la sola divisione de’ verbi che si possa fare in italiano per ridurre la cosa alla semplicità, si è in verbi d’azione e in verbi di stato, come nelle precedenti pagine ampiamente s’è dimostrato.

Ben disse Dante del sole nuovo, cioè della lingua italiana: E darà luce a coloro che sono in tenebre e in oscurità per lo usato sole che a loro non luce; ma bisognava ancora che la grammatica di essa lingua si sgomberasse delle imbragature de’ termini latini con che era stata eretta, i quali, divenuti poi soperchii, non facevan più se non nascondere il valor suo e la bellezza, perchè il sole nuovo potesse apparire in tutto il suo splendore.