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363 fatto dispiacere a Dio^ e..* la cosa m* è dispiaciuta; as^er partito una zuffa^ e... la zuffa esser partita^ uno cuocere un pollastro, e ••• un pollastro cuocere • Sortire non significa uscire, come Tolgarmente si usa in tutta Italia, ma ben prender fiiori in sorte^ o esser preso fuori in sorte; per esempio, Infine a questi tempi l’Italia non ha sortito alcun uomoè M. La uostra regione mi fu sortita* D« I* Essendo già la metà della notte andata^ non s* era ancor potuto addormejttjìre. B. a* Noi ci smjmo accorti di ella tiene ogni dì la cotal maniera. B. 3. Male avete fatto ^ male w siete portato. B. 4» Li qiudi^ astanti che arrìcOBITI fossero^ amasHxn la s^ita loro. B«5* lUmandò i cavalieri latini^ i quali seco aveva arrìcch iti delle ricchez^ ze dei Fiesolani. Crusca. 6. Egli / avea messe alcune « petruzze in bocca* B. 7. Conosco la vita misera di quelli che mi bo lasciati dietro. D. 8. Io oserei scritte cose di te^ che tu ^ AVRESTI CAVATI gli occhi^ per non poterti ve^ dere. B. Anche tutti quei verbi Tazione de* quali sMnverte nelTagente medesimo, cioè quelli cbe hanno Tafiisso, vogliono l’ausiliario essere col participio. Di questi ne sono alcuni a cui il pronome è sottinteso, come annegare^ arros^ sare arrossire^ ingentilire^ infermare^ ammalare, arriC" chircj impoverire^ l’ausiliario de*quali è parimente essere, arricchire e iinpoverire portan l’ausiliario avere quando la loro azione non inverte nelf agente, ma passa ad un oggetto esterno. Negli esempj sesto, settimo, e ottavo, i nomi personali ^1, m/, ti^ non sono oggetti ma dativi; quindi hanno i participj avere per ausiliario. £ non solamente di quei verbi che generalmente portano il pronome si all’infinito,