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33a re; è tempo da il quale si scuole il ritornare là ecc. Onde si vede che, quando il nome che regge il verbo essere è accompagnato da un aggettivo, il seguente infinito è preceduto dalla preposizione a; e quando non ha aggetti vo^ da precede l’infinito. A questa regola tuttavia si oppongono gli esempj 5. e G. i quali sono in vero una eccezione. La ragione si ò che in quelle due espressioni si accenna non più uq* idea di riguardo, ma bensì un*idea di provenienza, cioè onde proceda la virtù attribuita ai nomi che reggono il verbo essere; ed ecco la definizione; era un* acqua lavorata in modo che da essa si poteva far dormire; gli domandò se credeva se essere forte sì che da lui si potesse cavalcare. Ma, il Perticari nella Proposta dice: Se dall’un canto è ^CONDANNARSI il sacrilegio onde il Ruscelli ^ il SaU viati^ ed altri posero mano ne* classici per conciarli secon* do le voglie lo/v^ dalV altro canto non è A lodare la dimenticanza ecc. Adoperare o^^e per con die già vedemmo essere uno errore;ma quei due verbi condannarsi e lodare^seguati con la preposizione a, sono imperdonabili in uno scrittore; perchè qui non si parla di qualità di cose che si vogliano mettere in riguardo, nel qual caso, tra il verbo e la preposizione a, dovrebbe essere un aggettivo; ma sì di due cose, cioè sacrilegio e dimenticanza, dalle quali vien cagione di condannare e di lodare. Aggiungendo poi egli alcuni versi dopo: anzi è da abbominare questa veccliia usanza, ove seguita la giusta lezione, non peraltro, certo, se non perchè all’orecchio gli sembrò migliore, mostrerebbe, secondo lui (i), le espressioni una cosa è da lodare oa lo(i) QqesU voce ha fona di preposizione; e il concetto di secondo luì.