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sì alla fine delle parole libraj, mugnaj, fornaj, si potrebbe togliere la j, avendo essa il medesimo suono della i in cantai, lodai; ma ben è necessaria questa lettera ai plurali infortunj, officj, avversarj, contrarj, quando si voglia usare in luogo di due i, per fare una differenza da quelli che hanno l’accento su l’i, come natii, zii, pendii, Dii.

lettere consonanti

b, c, d, f, g, h, l, m, n, p, q, r, s, t, v, z.

A poter nominare queste lettere bisogna aggiungervi una vocale; e però la lettera b, per esempio, si potrebbe chiamare ba, bo, bu, come bi o be. I Toscani la chiamano bi, i Romani be. Ecco di tutte la denominazion toscana, la quale a me pare da preferirsi all’altra: bi, ci, di, effe, gi, acca, elle, emme, enne, pi, cu, erre, esse, ti, vu, zeta. Le lettere k, x, y, non sono della nostra lingua, e sono per noi inutili; perciò le tralascio. La h, non ha valore se non quando sta tra c-e, c-i, g-e, g-i. Nelle voci ho, hai, eh, doh, serve solo a distinguerle dalle altre o, ai, e, do, di senso differente. La s e la z hanno doppio valore; sono vibrate in sale e in zampa; sono dolci in pausa e in zefiro. Così in Toscana si pronunzia questa s, e in qualunque altra parte d’Italia; fuor che in Roma, ove si fa sempre alquanto compressa come in desidero. Parlando della voce esoso il Davanzati dice: Pronunziasi l’una e l’altra s come in esito, esiglio, uso, esalo. E tanto basti della s.

Il Davanzati mosse lite alla doppia z, dicendola inutile; perchè a voler pronunziare zazzera e zizzania, bisognerebbe mettere quadruplicato fiato rompersi una vena nel petto, e scoppiare. La difese il Bartoli, e ora essa trionfa.