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del pronome che lo siegue» Ci e ui seguono il verbo ne* tre modi, imperativo, infinito, e participj; e lo precedono negli altri tre» Si raddoppia la consonante, come si vede nel terso esempio, se si pongono dopo una forma d*un verbo d*una sola sillaba, o che abbia Taccento in su Tultioia vocale* E anche interrogando: Eccomi^ signora^ che comandate? Ec* ci nulla di nuow? F. Gli avverbj ci e vi non s* hanno ad osare, quando il luogo è già rappresentato con altre parole « come nella città di Ci^sa e in Firenze negli ultimi due esempj; essendo superfluo il mettere Tavverbio in questi casi» e dire per un supposto in Firenze vi fu ma pur se nè truoYano degli esempj, come il seguente del Boccaccio, J?)[>er terra e per mare. . . ci è pien di pericoli. I • Qui^ viit io gente più che altrove troppa. D. a. Oc* cupo dunque Belisario la Sicilia; e di quì^ passato in Ita^ Ha, occupò Napoli e Roma. M«3. Q aurei non passa mai anima buona. D. 4* Q^iift)i andarono i due cavalieri in In* ghilterra. B. Spesso, e ciò avviene massime in poesia, dopo aver fatto menzione di un luogo, il poeta dice qui; ponendo l’avverbio il quale fisicamente non si può usare se non per colui che di presente si trova in sul luogo accennato; ma allora egli rappresenta come dinanzi alla immaginazione il laogo appena ricordato; ed è bel modo» Il senso compreso ne* vocaboli quinci e quindi è di questo^ di quel luogo; e addita allontanamento; perchè, come dicemmo, la preposizione di dal latino de dinota provenienza. si cosi I • avendo la contrizione che io ti veggio avere^ sr* ti perdonerebbe egli. B* 2. Oltra quello che egli fu ottimo filo»