Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/207

i8o lo che tu facci, a me par del tutto ridondante P 91 Certo ri- spondo, non per altro, se non perchè questo appartiene allo stile italiano, e però Tho caro come cosa nostra, e quello è straniero; e, adoperato con la profasione che i Francesi lo usano, come mi venne veduto in una vita del Petrarca scrit- ta da un fiorentino, non può far che non contamini tutta la dicitura, e che il discorso non prenda Tandamento france- se. Ora domando io perchè il Boccaccio, gran maestro del- lo stile, non disse distinguerne leparti^ in luogo àxdistin'^ guere le parti di lei; e negli altri esempj di lui addotti, // signor di quello^ le parti di quello^ la fama sua^ sensa mai porre un ne, essendo in tutti que* casi necessario determi- nare quei vocaboli troppo generali ? se non perchè tutti que- sti modi leggiadri italiani gli cascavan dalla penna senza pur pensarvi; e V altro non gli passava manco per la mente, sic- come cosa che non si udiva nel parlar iamìgliare, uè per gli scritti si vedeva» E perchè son belli quei modi ? proprio per ciò che non essendo ammissibili nelle altre lingue, foi> mano una particolarit& della nostra, e una maggior riccbez- sa come di quattro a uno. E non è da dire che , introdu- cendo anche la francese, fosse uno arricchire la lingua no- stra d^una maniera di più di espressione; che si verrebbe anzi a perdere la più bella, che è quella deirarticolo senza Taiuto né di possessivo né di dimostrativo, né di pronome; avvenga che se tu t*ausi Torecchio a ndire; poiché noi ne sappiamo la wrtù^ lodandone i capelli^ vederne gli occhi , tu venghi a mano a mano facendoti un bisogno di quel pro- nome; si che alla fine, lasciando ne, ti sembra che alla fra- se paanchi qualcosa* In cotal modo s^eran quasi, nelle scrit- ture moderne, abbandonate le vere forme italiane di queste