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78 memorie inutili


Chi averá la flemma di leggere la storia della visita ch’ebbi da quell’aspide e tutta la storia veracissima delle mie Memorie relative a lui, troverá naturalmente, materialmente e fuori d’ogni sofisma che il colloquio ch’egli ha cercato d’avere con me non fu che una disperazione del suo ingegnetto vendicativo, o per vincere un impossibile o per avvilupparmi e imbrogliarmi con una direzione menzognera e dannata a divenire l’odio della mia patria con la perdita di tutti gli amici miei. Astuzia perversa che non ebbe nessun effetto.

Riducendo finalmente la sera dell’appuntamento di visita tutti i miei pensieri ad un solo, per le cose antedette indefesse tentate dal Gratarol iracondo e incagnato a fermare la non piú mia commedia, mi ristrinsi a credere ch’egli volesse usare de’ nuovi tentativi col mio amichevole consiglio ed aiuto per fermarla.

Tra i suoi tentativi imprudenti ch’erano a mia cognizione, non m’era però ancora noto quello dell’alto suo ricorso fatto da delatore contro me prima della finta caduta della attrice sua amica e rifiutato dal tribunale, come egli m’ha non volendo confessato nella sua Vita.

Fermo nel mio pensiero ch’egli volesse col mio consiglio ed aiuto cercar modo di troncare il corso della commedia, non vedeva però né il modo ch’egli disegnava per avere il suo intento né la possibilitá di eseguirlo qualunque fosse, dopo gli avvenimenti espressi e cogli eccelsi risoluti comandi che la Ricci fosse condotta al teatro al di lei dovere da un ministro la sera del dí diciassette di quel gennaio, cioè del giorno dietro ch’io ricevei la visita famosa ch’ebbi dal delirante Gratarol con la scorta del pietoso Maffei.

Contemplava il Gratarol come un forsennato vaneggiatore febbricitante, ma come un uomo involto ne’ casi che meritano compassione; e questa compassione era da me vivamente sentita. Contemplava nel Maffei un uomo penetrato dalla compassione medesima e come un amico che meritava da me tutti i possibili riflessi favorevoli al di lui umano pregevole sentimento.

— L’impedire — diceva io — che la commedia non rientri in iscena la sera de’ diciassette, col mio arbitrio perduto, colle