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parte seconda - capitolo xxxv 77

che vuol venire da me «per gareggiare di cortesia», che impiega un amico comune, coppa d’oro, ad essere mezzo, introduttore e testimonio ad un colloquio. Come si dovrá sospettare ch’egli abbia sedotto un tal onest’uomo ad essere testimonio a una cosí fatta bestiale sopraffazione nella mia propria casa e a quelle violenti ragionevoli risoluzioni ch’io sarei in necessitá di prendere?

Il giudizio che mi sembrava il piú giusto sopra la sua brama di favellarmi era ch’egli cercasse di sapere fondatamente da me la storia verace della nascita legittima della mia commedia, ch’egli aveva bevuta ad una fonte sola, poco pura e sospetta; ch’egli bramasse di sapere dalla mia ingenuitá s’io fossi innocente sugli effetti strani da lui e da altri proccurati dell’opera mia; per poscia, saputa la veritá, rimproverare aspramente la comica dell’attentato che aveva cagionata la di lui disgrazia, per darsi pace e per volgere le spalle a un oggetto, che per vendicarsi con me del mio ragionevole ma in vero tardo abbandono, l’aveva fatto cadere in un abisso di tante false mosse, di tanti contrattempi e tanti dispiaceri.

Riflettendo alle successive instancabili deliranti strepitose sublimi sciocchezze delle quali era stato capace guardando me solo ostinatamente come l’unico oggetto della sua sventura e con un diabolico livore, un tal mio giudizio di previsione mi pareva freddo e non combinabile con la estensione della di lui fantasia ubertosissima di sterpi e di spine.

Devo confessare la infelicitá del mio intelletto incapace d’indovinare quella sera la intenzione del Gratarol sulla visita e sul colloquio da lui proccurati.

Doveva pensare che dopo la lunga serie delle di lui imprudenti frenesie, dopo de’ ricorsi da delatore contro me inutilmente tentati, egli venisse coll’ipocrita mantello dell’amicizia nel mio proprio asilo di pace, col mezzo d’un reciproco amico testimonio, a volere con un’inaudita soverchieria ch’io fossi a forza strumento per vincere un suo invincibile puntiglio, a dispetto di tutti gli astri e ad onta della mia impossibilitá; e sarei stato indovino.