Pagina:Gozzi - Memorie Inutili, vol 2, 1910 - BEIC 1838429.djvu/81


parte seconda - capitolo xxxiv 75

ha involata l’amorosa anche a me. — E le mie negative, le mie proteste veraci sono rese inutili con mio dolore per sua cagione.

Nelle vertenze che corrono, assolutamente egli non deve venire da me, perocché gli occhi sono troppo aperti sopra lui e sopra me. È impossibile ch’egli non sia conosciuto, se non da altri, da chi mi serve. Potrebbero esser sparse delle voci a suo pregiudizio e ch’egli fosse venuto a chieder grazie al mio tribunale. Voglio anzi andar io da lui, e potremo domattina andare insieme a quell’ora ch’Ella vorrá destinarmi.

Se errai nella risposta data al signor Maffei, ottimo testimonio, e se qualche cosa manca alla ingenua dichiarazione ch’io feci con lui, bramo d’esser corretto.

Non so qual uso abbia fatto il Maffei, amico comune, della mia risposta verso il Gratarol ch’egli desiderava con tutto lo spirito di favorire, credo senza sapere ciò ch’egli volesse. Egli era incapace di fare un uso cattivo, ma egli non era allora suscettibile che della compassione e d’una allegrezza di poter esser mezzo d’una riconciliazione che dal canto mio non era necessaria e dal canto del Gratarol era impossibile.

M’avvidi la mattina vegnente in cui ebbi la visita, che il Maffei non aveva riferto al Gratarol il massimo ostacolo ch’io non aveva piú la menoma facoltá sul sciagurato mio dramma; la qual cosa ha cagionato a lui ed a me nella visita avuta uno di quegl’imbarazzi de’ quali la testa infiammata e vendicativa del Gratarol era fertilissima nel cagionarne, come dirò colla veritá sulla penna.

Il tenero Maffei partí dal teatro immediatamente con un giubilo mal impiegato, e ritornò quella stessa sera a dirmi che il Gratarol mi ringraziava e che voleva risolutamente venir egli da me la mattina successiva. Dichiarai quel dispiacere sincero ch’io sentiva della visita nella propria mia casa fissata; ma per troncare nuove gite e nuove riferte, m’assoggettai con dell’amarezza ad attendere il Gratarol e il Maffei la mattina vegnente del dí sedici di quel gennaio all’albergo mio.