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56 memorie inutili

consigliati del Gratarol avvelenato da un’attrice, i passi inonesti e venali del Sacchi, i puntigli e infine i rispettabili tribunali avevano rovesciato ogni mia pacifica profetica buona volontá, spogliatomi di qualunque padronanza sull’infelice mio parto donato e troncati tutti i miei uffizi urbani per sopprimere almen in quell’anno la esposizione del mio aborto.

Entrai quella sera nel teatro potendo appena a gran fatica aprire il torrente delle persone affollatissime all’uscio. Vidi il vasto teatro empiuto e calcato in un modo che non ha esempio. Il fragore del popolo da piú di tre ore concorso per occupare i sedili metteva spavento. Mi si disse che le chiavi de’ palchetti erano state comperate ad un prezzo sterminato.

Tutto ciò averebbe gonfiata di vanagloria la umanitá d’un altro scrittore. La mia umanitá rimase estremamente rattristata, riconfermandosi sul tristo effetto d’una illusione giá stabilita e da me pronosticata. Per mio delirio e per sciagura del Gratarol v’era in apparecchio anche quel piú ch’io non poteva sapere.

Con la necessitá di molto spingere per le genti che occupavano sino il passaggio degli anditi interni e stavano in quelli murate senza sapere che si facessero o che volessero, potei penetrare e salire per un momento sul palco scenario. Lo trovai imbrogliato da molte maschere supplichevoli d’aver un asilo per qualche modo.

— Che diavolo è questo insolito concorso? — diss’io ad alcuni degli attori e con un poco di calore in me non consueto.

La Ricci sola mi rispose con dell’impeto le seguenti e precise parole: — Oh bella! La cittá è tutta piena che questa commedia sia una satira particolare.

Mi volsi a lei con della nausea dicendo: — Signora, è piú d’un anno ch’Ella sa che l’opera mia non è una satira particolare. Io m’attengo a’ generali e non fo satire particolari. Se a questi giorni de’ lordi uffizi diabolici, delle folli imprudenze, de’ passi falsi e degli inopportuni puntigli averanno fatto divenire la mia commedia una satira particolare, la colpa non sará mia. — Ella tacque abbassando gli occhi, ed io le volsi le spalle, discesi dal palco e m’avviai ad un palchetto che aveva nel terzo ordine del teatro.