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CAPITOLO XXX

Il Gratarol con le sue mosse imprudenti risveglia e stabilisce un’illusione universale a suo discapito. Spinge il dramma in iscena ch’io aveva fermato. Si rendono inutili tutti i miei sforzi in di lui favore.


Come aveva giá preveduto, la Ricci partita dalla lettura del dramma con la facella infernale accesa, trovato il Gratarol che la attendeva, non saprei dire con qual industria comica abbia colorita la faccenda e fatto bere l’amaro calice a quel signore, ch’io esponeva alle pubbliche risa la di lui persona in un appellato «don Adone» ch’entrava nel mio dramma: Le droghe d’amore.

Prestando egli tutta la fede alla comica, infiammato ciecamente il cerebro contro di me, senza fare alcun prudente esame sulla veritá e sul mio carattere, mi proscrisse dall’animo suo, e valendosi boriosamente de’ forti mezzi, si pose a far de’ passi che non sono mai cauti e sono sempre perniziosi in queste tali materie.

Nel punto che con la cautissima e secreta mia direzione, per una pura mia delicatezza di sospetto sul mal animo d’una attrice, aveva io fermato il mio dramma innocente dall’entrare in sulla scena, il Gratarol che aveva giudicata rea l’opera mia sulla sola asserzione d’un’attrice con me inviperita, giva invasato facendo de’ caldi uffizi ne’ sacrari — uffizi impossibili da tener celati e ch’erano giá superflui — onde il mio dramma fosse impedito.

Contro ogni aspettazione, quattro giorni dopo il mio stabilito impedimento per affogare tutti i discorsi alterati che potrebbero gorgogliare per la cittá, m’incontrai nel Sacchi, il quale mezzo tralunato mi disse: — Con mio stupore Ella è stato indovino. Convien dire che la Ricci abbia fatta la mala azione da lei sospettata la sera medesima della lettura del suo dramma. La sospensione da lei comandata del dramma fu fuori di tempo,