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lettera confutatoria 309

civiltá d’aver dispiacere; ma che sapeste tante cose indegne da me usate per allontanarvi, che vi dichiaraste competitore di visite». Che effemminata puerilitá!

Ma perché, caro amico, in sui primi spruzzi di velenoso sospetto istillati in voi da quella attrice, non faceste voi intendere a me «con civiltá» il vostro sospetto, senza usare delle mosse imprudenti che dessero corpo ad un’illusione e stuzzicassero il pizzicore ne’ vostri nimici di vedervi posto in ridicolo? Quali sono, di grazia, le cose indegne che sapeste da me usate per allontanarvi dalla vostra novella amica? Quelle che di giorno in giorno raccoglieste frascheggiando dalla voce medesima, che vi aveva fatto credere ch’io aveva posto il vostro carattere nella mia commedia.

Lascio giudice tutto il mondo se per aver dato qualche consiglio non mai a voi offensivo ad una donna mia comare, che da piú di cinqu’anni aveva salvata dalle persecuzioni de’ suoi oppressori, che aveva sostenuta, innalzata, migliorata nel di lei stato e posta in decoro secondo la di lei condizione; se per salvarla dal flagello delle esose detrazioni sull’onor suo, de’ suoi compagni, che offendevano anche me, sull’aspetto di mercenaria galante in cui per la di lei debolezza voi l’avevate posta, forse senza avvedervi, colla vostra introduzione co’ «diavoloni» ad una pratica con lei famigliare e confidenziale, potete dire d’aver sapute «tante cose indegne da me usate per allontanarvi», da dovervi dichiarare competitore di visite? Puntiglio in vero necessario, anzi indispensabile alla gravitá e circospezione d’un secretario del senato, eletto ministro ad una corte reale per una repubblica.

Nelle pagine medesime 15 e 16 voi scrivete con franchezza che «nell’aprile 1776 la compagnia comica partí da Venezia e che il poeta (che son io) rimase a covare le sue vendette». Quali vendette in una commedia ch’io aveva scritta sino ad oltre la metá dell’ultimo atto nel dicembre 1775, e quali vendette se vedendo inutile qualche mio amichevole, moderato, onesto consiglio, per salvar me e per salvare la povera attrice affascinata da’ libelli, ad onta delle di lei insistenti circuizioni