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ipocrita, un malvagio insidiatore, un mentitore, un mancatore, un uomo detestabile, per uccidermi alla vita civile, se fosse riuscito alla vostra perversitá; non vi chiedo giá perdono di quelle confutazioni ch’io fo sopra a quanto vi siete indegnamente svelenato a scrivere di me nella vostra Narrazione che voi chiamate «apologetica», e per quelle prove evidenti che vi dirigo, che quanto il vostro libro contiene di a me diretto non è che calunnia, invenzione, menzogna, falsa immaginazione, ridicola supposizione, maligna ignoranza, cattivitá e canino turpissimo desiderio di screditare un uomo d’onore. Vaglia la veritá d’un uomo onesto, posta al confronto della bugia d’un insidiatore impazzito e disperato. Sputo ed incomincio.

Prima d’ogni cosa rinunzio solennemente a tutti gli elogi che fate nella vostra Narrazione agli scritti miei e al contenuto di quelli, sapendo di non meritarli, ma particolarmente perché con quegli elogi cercate di comparire uomo giusto e veritiero, per aprirvi la via ad apparecchiarvi de’ credenti alle ingiuriose detestabili menzogne che narrate di me e per convalidare i vostri esosi libelli d’infamia denigratori della mia fama onorata.

Siccome nel scrivere la commedia intitolata: Le droghe d’amore, il che feci nel dicembre dell’anno 1775 sino a passata la metá dell’ultimo atto, posso giurare sull’Evangelo che non conosceva voi che di nome; cosí voi potete giurare senza rimorso sull’Evangelo che né in quel tempo né dopo né sino all’anno 1779, epoca della vostra pisciatura ossia Narrazione apologetica da voi stampata in Stockholm, non conoscevate me punto né poco, perocché incominciate a informare il pubblico di me nella pagina 14 dell’odorosa opera vostra per questo modo: «Il signor conte Carlo Gozzi, un tempo gesuita, è un uomo sessagenario, non so ben se nativo od oriundo d’una terra del Friuli, il quale misurando le sue stringate fortune ha di che vivere con esse in Venezia», ecc.

Sorpassando l’importante civile avviso che date agli uomini delle mie «stringate fortune», delle quali credo di non essere in obbligo di vergognarmi siccome credo di non dover invidiare le vostre fortune dilapidate bamboleggiando, voi cominciate