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lettera confutatoria 265


Sapete voi quali sieno i permessi piaceri che la morale di Venezia non censura? Sono i piaceri morigerati e misurati colle proprie rendite, che sono infiniti. Sapete voi quali doveri di famiglia vi restavano? La vostra misera consorte abbandonata alle rapine ed al pianto; voi medesimo; il vostro solido decoro, mondo da uno smoderato lussureggiare e da un effemminato bamboleggiare; i vostri congiunti, i vostri amici, la vostra patria.

Fate un poco l’aritmetico, caro amico affascinato e signoreggiato dalle passioni, e sommate quanti nimici vi può aver guadagnati la vostra libertá di pensare e d’operare a seconda de’ vostri farfalleschi capricci. Tutti gl’innumerabili ingegnetti leggeri, guasti il cervello dalla corruttela del costume, che videro voi galeggiare e risplendere oltremodo nel lusso e non si trovarono in gamba da potervi star dietro, che voi chiamate «invidiosetti della vostra gloria», furono nell’interno tanti vostri nimici. Tutti gli amici e tutte le amiche, commiseratori e commiseratrici delle afflizioni della vostra povera moglie trasandata e da voi disgiunta, furono tanti vostri nimici. Amando voi «moltissimo il bel sesso» come confessate, e amandolo con incostanza come è noto, passando voi di bellezza in bellezza coll’abilitá delle vostre espugnazioni, tutti i mariti, tutti gli amanti delusi, tutte le sedotte e da voi piantate pro tempore, furono vostri nimici. Tutti quelli del rispettabile ordine vostro, che dall’ambizione del sublime vostro intelletto furono guardati come maligni e «mediocri talentuzzi» e che sono posti alla rinfusa in un fascio con del disprezzo nella vostra Narrazione, furono tanti vostri nimici. Tutta la schiera degli assennati, che videro in voi un secretario del grave senato con de’ visini vezzosi del bel sesso, con frequenza cambiati, al fianco, e con tutta l’attillatura, tutti i colori, tutti i grilli, tutte le frascherie della leggerezza della moda intorno, vi fu avversa coll’opinione.

Vorreste voi farmi credere che avete tenuti sempre gelosamente chiusi nel gozzo in Venezia e sino che arrivaste a sfogarvi a Stockholm a farli stampare, tutti i vostri disprezzi, tutte le vostre detrazioni, tutti i vostri libelli, tutte le vostre ingiuriose pitture che si leggono nella vostra Narrazione contro que’ Grandi