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parte terza - capitolo v 233

che mostrava per me della cordialitá e che aveva un fratello avvogadore, egli mi promise di far ardere il fratello del desiderio di farmi giustizia.

La risposta ch’ebbi fu questa: che fatto maturo riflesso dal fratello, egli aveva deciso che, trattandosi di puttane e di scandalo, la materia era per il tribunale della bestemmia e non per quello dell’avvogaria; che mi consigliava a indurre il piovano di Santa Maria a presentare una supplicazione al magistrato della bestemmia perché fosse sbandito quello scandalo dalla sua contrada; che rilevata con un processetto e con testimoni la veritá, io sarei stato consolato da quel tribunale.

— Perdoni — diss’io, — la materia è dell’avvogaria, perocché essendo la mia fittanza fatta ad un nome datomi con inganno d’uomo supposto, que’ scellerati abitano la mia casa illegittimamente, con usurpo, con violenza di fatto e propria autoritá. Il vendicarmi spetta a un avvogadore. Per caritá non mi voglia assoggettato a lungaggini di processi e mi faccia far ragione sommariamente. — Indurrò mio fratello — disse il patrizio — a far chiamare quelle femmine per domattina al di lui tribunale. Ella si trovi all’avvogaria domattina, tre ore innanzi la terza, esponga le sue ragioni in faccia alle avversarie. Ascoltate ambe le parti, naturalmente l’avvogadore condannerá quelle femmine a sloggiare dalla sua casa. — Bella! — rispos’io. — Vostra Eccellenza vuole ch’io sbuchi dal letto all’aurora percorrere all’avvogaria a tener controversia, arringo e deputazioni a fronte d’un ruffiano e d’un branco di bagascie? La ringrazio della buona disposizione. Scusi l’incomodo che le ho dato. Piuttosto tenterò che il piovano presenti un memoriale di supplicazione alla bestemmia, ch’io appoggerò colla mia informazione del caso. — Bravissimo! questo è il miglior consiglio: cosí va fatto — disse il patrizio mio benevolente piantandomi.

Non tardai a trovare il piovano, chiedendo l’assistenza sua del memoriale al magistrato della bestemmia, promettendo d’appoggiare al di lui ricorso. Quel piovano guardandomi con fiero ciglio si pose a gridare come un castrato: — Come! Ella vorrebbe indurmi a fare una tale bestialitá? A quel tribunale niente