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parte terza - capitolo iv 225


Una mattina ebbi la visita dell’amico mio signor Raffaele Todeschini, il quale con viso spaventato mi disse: — Devo darle una notizia afflittiva. Iersera alla bottega del caffè al ponte dell’Angelo è morto l’onorato signor Carlo Maffei.

Il colpo della morte d’un mio tanto amico fu crudele al mio cuore.

Egli aveva rogato il suo testamento poco tempo prima del morire, in cui sostituiva nella sua pingue ereditá il degno signor Giuseppe Maffei di lui cugino, e in cui aveva esagerato degli elogi di me e da me non meritati, con ordine di dovermi consegnare la di lui tabacchiera d’oro per una memoria: unica ereditá ch’io abbia avuta nel corso della mia vita. Avrei rinunziato tutto l’oro del mondo, la tabacchiera e, sono per dire, il naso, per ricattare alla vita un amico tanto illibato e cordiale.

Una lettera di Bergamo, molle di pianto, scrittami dall’ottima signora Lucia Muletti, m’annunziò la morte per un fiero male di petto del di lei marito mio amicissimo, che la aveva lasciata vedova afflitta e con un buon numero di figli maschi e femmine.

Passai a Padova e fui chiamato al letto di mio fratello Gasparo, il quale era infermo di male pericoloso. Egli mi raccomandò piangendo lo stato di madama Giovanna Cenet, passata ad essere seconda sua moglie in benemerenza d’averlo assistito nelle di lui lunghe infermitá mortali.

Egli si riebbe alquanto in quel tempo, ma pochi mesi dopo con mio rammarico terminò di vivere.

Feci il possibile per lo stato della sua vedova sfortunata e vorrei aver potuto far piú.

Il cordialissimo, costantissimo e beneficentissimo mio amico Innocenzio Massimo, dopo alcuni tocchi di apoplesia, mi fu rubato da un ultimo fiero colpo insuperabile. Piansi la di lui morte, e piansi quella della di lui consorte poco dopo, donna esemplare, prudente e novella Esterre de’ nostri giorni.

Trovai dell’alleviamento alla mia afflizione nel bell’animo del di lui unico figlio Innocenzio, che unito alla dama sua consorte, Elena Raspi, grave, ingegnosa, affabile e soavissima, mi guardò