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CAPITOLO IV

Non si può sempre ridere. Moralitá.

Il patrizio Paolo Balbi, uomo giusto, attivo e raro amico de’ suoi amici, mi onorava di una fervida parzialitá.

Una domenica ascoltand’io la messa nella chiesa di San Moisé, mi si fece a fianco certo signor Marini chiedendomi se sapessi la fatalitá avvenuta al patrizio Paolo Balbi.

— Qual fatalitá? — diss’io sbigottito. — Questa notte egli è mancato di vita — rispos’egli.

— Come! — diss’io ancor piú atterrito. — Se iersera fui con esso piú di tre ora, ed egli era allegro e gagliardo?

— Tant’è — rispos’egli, — quel povero signore è morto. Perdoni se le ho data una funesta notizia ch’Ella non sapeva.

Terminata la messa che ascoltai senza ascoltarla, corsi all’abitazione di quel patrizio ch’io amava assai. Coltivava per la via una fievole speranza che la notizia non fosse veritá. Lusinga vana! Trovai purtroppo la tragedia avverata e risuonare la casa d’ululati.

Chiesi della moglie e de’ figli: mi fu risposto che s’erano ricoverati da’ patrizi Malipiero loro parenti. Volai a condolermi e a mescere colle loro le mie lagrime.

Non passarono molti giorni ch’ebbi il mesto ragguaglio che mio fratello Francesco stava assai male d’una specie di cachesia nel Friuli, e pochi altri giorni passarono ch’ebbi la dolorosa nuova ch’egli era spirato.

Quel poveruomo aveva lasciati tre figli maschi e la moglie vedova assai agiati, ma con una perfetta inclinazione e disposizione al disagiarsi, ad onta di tutte le prediche e di tutti i sani consigli, essendo sciolti dalla provvida soggezione del marito e padre.