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Discese a pregarmi di indurre il di lui cognato Atanagio a non staccarsi dalla compagnia, adducendo che averebbe preso in condotta il teatro in Sant’Angelo, rinforzata la compagnia possibilmente, e che colla mia assistenza sperava di poter sussistere.

Sciolsi il guinzaglio alla mia sinceritá con quell’uomo, e concedendo qualche macchia d’ingratitudine ne’ suoi parenti a’ quali, per dire il vero, egli aveva fatti de’ benefizi ne’ tempi andati, mi diffusi molto sulle seduzioni alle quali la sua debolezza era soggetta, sui lacci ch’erano tesi alle di lui sostanze, sui suoi imprudenti trasporti di collera, sugl’ingiusti livori suoi, sui sbilanci de’ fondi della compagnia, non potendo egli di sua volontá disporre de’ ricavati senza l’assenso de’ compagni soggetti a’ danni, sulla disordinata arbitraria amministrazione; e finalmente gli feci intendere che dalla testa incominciava a puzzare il pesce e che da lui medesimo era scaturita la dissensione della compagnia e la fonte di tutti i mali.

Egli mi concesse qualche ragione freddamente e co’ denti stretti, replicando la preghiera ch’io parlassi al di lui cognato Atanagio. Gli promisi di parlare ed egli partí.

Parlai col buon uomo Atanagio, il quale dopo avermi addotte molte delle sue ragioni legittime e de’ suoi riflessi fondati sul pericolo della compagnia, promettendogli io che farei firmare al Sacchi una scrittura di piano economico, da eseguirsi inviolabilmente e con la chiara proibizione che niente potesse risolvere né disporre il Sacchi nella compagnia senza il consentimento di tutti i compagni interessati, Atanagio mi die’ la parola di rimanere, ridendo però sulla scrittura da me disegnata. — Perocché — diss’egli — lei vedrá che con mio cognato le scritture non vagliono un fil di paglia.

Il Sacchi firmò la scrittura che lo spogliava dal despotismo bestemmiando e coll’animo vendicativo.

La compagnia passò nel teatro in Sant’Angelo scarsa di danari, scarsa di attori e ch’erano anche attori infelici.

Aveva io scritte due sceniche rappresentazioni per soccorrerla, l’una intitolata: Cimene Pardo, l’altra: La figlia dell’aria.