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CAPITOLO II

Scioglimento della compagnia del Sacchi

e fine del mio corso poetico comico.

Dopo venticinqu’anni della mia eroicomica assistenza prestata alla truppa del Sacchi, era omai tempo che avvenissero de’ casi i quali mettessero fine alla mia ridicola protezione.

Il Sacchi, eccellente comico ma antico d’anni e presso che rimbambito, insidiato nel cuore, nella mente e nelle sostanze, addormentato ne’ suoi amori faceti nell’etá sua di oltre agli ottant’anni, fu l’origine vera del scioglimento d’una compagnia valente, accreditata e fortunata, che forse sussisterebbe ancora e ancora averebbe forse la mia assistenza a vantaggio degl’ipocondriaci e degli oppressi da’ pensieri afflittivi, senza la diversa e strana natura di quell’uomo.

Assai fornito di danari, d’ori, d’argenti e di gemme, la di lui figlia comica, che senza desiderare la morte del padre attendeva però la ereditá di quello, vedendo insidiate le di lui sostanze, malignava con imprudenza le sue debolezze amorose.

Le di lei parole giugnevano alle orecchie del vecchio, che, iracondo d’indole, entrava sulle furie e s’era ridotto ad odiare la propria figlia e a perversare contro lei cordialmente.

I di lui compagni non meno della figlia dileggiavano le di lui leggerezze d’affetti, e perché egli s’era eretto come dispotico della compagnia e degli utili di quella con danno considerabile de’ sozi, essi non frenavano le loro giuste lagnanze.

Il vecchio, preso da una dispettosa vergogna di vedersi scoperto nelle sue debolezze, ostinato, impuntigliato in quelle e irritato dalle ragionevoli censure d’una ingiusta direzione e amministrazione, era divenuto una specie di demonio.

Tutte le sue parole verso la figlia, verso i sozi e verso tutta la truppa erano morsi canini. Le risposte non erano dolcezze.