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d’abiti, or de’ gran fardelli di finissime biancherie, e sempre dicendomi: — Metti in serbo, cara la mia figlia. Presto rimarrai vedova. Desidero che tu possa nell’avvenire condurre de’ giorni piú felici di quelli che ora t’annodano ad un matrimonio fatale.

Eccoti la storia fedele del mio matrimonio e la mia circostanza che hai voluto sapere. Io temo — seguí ella guardandomi con della sostenutezza — che da questa mia confessione, che mi strappasti, tu possa formare qualche immagine indecente di me. Non ti lasciar sorprendere da un malizioso sospetto ch’io abbia accolta la tua amicizia per cercare de’ turpi risarcimenti. Se scoprissi il menomo indizio in te che sei capace di concepire un cosí ingiurioso lordo sospetto sulla mia persona, perderei tosto quel sentimento che mi ti fa amare, e la nostra amicizia sarebbe tronca per sempre.

L’aver trovata Penelope che mi amava era per il mio cuore metafisico una specie d’estasi soavissima.

Questo cosiffatto amore e queste nostre gite erano durate ben sei mesi. Gli affetti in iscambio di calmarsi bollivano ognor piú. Qualche sonettino platonico e tenero, ch’io componeva diretto a lei e ch’ella intendeva benissimo e assaporava, era per lei una gemma. Me lo strappava di mano e lo metteva nel suo bel seno, piú gemma del mio sonetto.

Le scriveva qualche affettuosa canzonetta d’un metro che calzasse bene sulla musica ch’ella sapeva. Ella la apparava a memoria e me la faceva sentire, cantandola dalla sua abitazione senza ch’io la vedessi, vincendo colla sensibilitá delle aspirazioni e co’ sospiri la piú famosa sirena teatrale dell’opera.

Temo che i miei lettori sieno annoiati di questo lungo mio amore semiplatonico, e credo che gran parte di questi mi chiamino scimunito e non vedano l’ora di leggere che il platonismo sia terminato.

Sono al punto di confessare la degenerazione di questo amore. Bramo ancora che non si fosse degenerato, a costo d’esser giudicato scimunito da’ sensuali, perché il mio spirito non avrebbe sofferto per un lungo tempo il crudele martirio che narrerò.