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parte seconda - capitolo xlix 187


— Mi sono ingegnata — rispos’ella — a dimostrare un dispiacere grandissimo; anzi ho fatto creder loro di aver proccurato di calmare il marito con le preghiere piú ferventi, ma che lo aveva trovato irremovibile. Donai loro qualche elemosina, e da tre giorni sono sloggiati.

— Bravissima! — diss’io; — la cosa va a maraviglia. Ora se anche il marito chiedesse di vedere il ritratto, è facile il fargli credere il furto senza far peccato, perché infatti que’ due ladroni glielo hanno ghermito.

— Ah, perché non poss’io — seguí ella — avere in casa la domestica conversazione frequente d’un amico com’Ella è! Quanti sollievi avrebbe il mio spirito oppresso e quanto minore sarebbe la mia mestizia! Ciò non è possibile. Mio marito è troppo rigido su questo punto, e però devo sbandire un tal desiderio. Ella tuttavia mi voglia bene e creda che il mio sentimento per lei oltrepassa il sentimento di stima. Può star certo ch’io cercherò de’ momenti con tutta la cautela d’esser con lei, se però questi momenti non le sono di noia. La sua modestia e la sua rattenutezza mi fanno ardita, e dovrá sempre credere ch’io so i doveri d’un matrimonio e che morrei prima di contaminarli.

Eravamo arrivati al luogo determinato a Santa Margherita. Ella teneva stretta una delle mie mani colla piú bella mano che donna avesse. Volli baciar quella mano: ella la trasse a sé. S’umiliò a voler baciare la mia, ch’io trassi a me.

Uscii dalla gondola tordo impaniato e balordo. La giovane passò a fare la sua visita.

Una tal bellezza di diciassett’anni eroina aveva accesa una gran fiamma nel mio cuore, donchisciottesco sull’argomento amoroso e cuore d’intorno a vent’anni.

— Sarebbe un delitto — diceva tra me — il difendere lo spirito dal non abbandonarsi ad amare questa specie di Lucrezia, tanto confacente a’ modi miei di pensare. Ecco, ecco la fenice che il mio cuore cercava.

Pochi giorni dopo la vidi scagliarmi la carta legata col sassolino nella mia finestra. Lo scritto conteneva Ponte storto,