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e che forse era la commedia del Pubblico secreto, devo protestar d’aver trovata in quella ragazza un’amica confacentissima alla mia metafisica balordaggine. M’apparí sempre tenera, sempre in trasporto, sempre timorosa di perdermi, sempre ingenua.

Conoscendo io la sua povertá, volli piú volte dividere con lei la povertá mia colle preghiere e con della violenza. Ciò era per lei una ingiuria insoffribile, ed entrava in furore ne’ suoi rifiuti, esprimendo con un bacio che attraeva l’anima mia alle sue labbra vermiglie: — Il tuo cuore è la mia ricchezza.

Convien dire che un giovinetto nel suo primo amore travegga e traintenda sbalordito. La causa del fine di questo amore, che sembrava interminabile, fu ben stravagante e ben lontana dalla mia delicata metafisica.

Avvenne caso che il provveditor generale fu necessario alle Bocche di Cattaro per rimediare ad alcuni disordini avvenuti tra i popoli detti «pastrovicchi» ed i turchi.

Dovei imbarcarmi anch’io colla corte. O Dio, quanti spasimi, quante angoscie, quante lagrime, quanti giuramenti di fedeltá al distacco crudele di due giovanotti affogati nell’amore!

La mia lontananza fu di circa quaranta giorni, che mi parvero quarant’anni.

Appena ritornato m’apparecchiava a correre dalla mia diva, quando un conte Vilio da Desenzano cavallerizzo del generale, ch’era rimasto a Zara, uomo alquanto dissoluto sul fatto de’ sfoghi venerei, ma buon amico e sincero, mi si fece vicino dicendomi: — Gozzi, io so che avete dell’amicizia per la tal bella ragazza. Temerei di mancare al bene che vi voglio, se non vi avvertissi di ciò ch’è avvenuto nella vostra assenza e ch’io so fondatamente. Lo spenditore del generale, qui rimasto, innamorato da gran tempo inutilmente di quella giovine, colse il momento della vostra lontananza. Non vi so dire l’insidia da lui tenuta, ma so per certo ch’egli ebbe commercio essenziale con lei. Il briccone era infetto di mal francese, che naturalmente averá comunicato a quella infelice. Mi preme la vostra salute. V’ho avvertito: regolatevi.