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CAPITOLO XLVII

Storia del mio primo amore d’un fine inaspettato.

Per narrare le storielle de’ miei amori, mi conviene ritornare all’epoca della mia giovinezza. Dovrei arrossire nell’etá in cui sono a narrarle, ma l’ho promesse e le narro arrossendo con tutta la sinceritá.

Siccome sono un uomo, ebbi la simpatia medesima che hanno tutti gli uomini per le femmine. Appena giunsi a comprendere la differenza del sesso, differenza che si comprende assai per tempo, le donne mi parvero una specie di deitá terrene. Mi trovava molto piú volontieri con una donna che con un uomo. L’educazione però e i principi di religione erano in me freni tanto radicati, tanto efficaci, che mi facevano ne’ miei freschi anni modesto e rattenuto estremamente, né so dire se queste mie modestia e rattenutezza piacessero a tutte le giovani che ho conosciuto negli anni miei giovanili.

Posso giurare d’esser partito dalla casa paterna ne’ miei sedici anni d’allora per andar militare nella Dalmazia, non dirò innocente ne’ pensieri, ma innocentissimo ne’ fatti d’amore. La cittá di Zara fu lo scoglio in cui perí la fragile mia innocenza; e perché spero di far ridere i lettori del mio carattere sul proposito del far all’amore, e colle storielle de’ miei amori, dipingerò il primo e narrerò le seconde.

Il mio carattere ebbe sempre della metafisica romanzesca sull’argomento dell’amore. I sensi brutali ebbero ognor minor colpa nelle mie cadute, d’una delicata propensione e della tenerezza del cuore. Aveva un’idea tanto grande e tanto rispettosa sull’onore e sulla virtú delle donne che mi faceva abborrire tutte le facili ad abbandonarsi alle brutalitá. Una donna pubblica, chiamata donna da piacere da’ sensuali, era agli occhi miei piú spaventosa e piú schifa dell’orco descritto dal Boiardo. Non ho