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parte seconda - capitolo xliii 139

aveva ridotto il mio cervello ad essere moderato e contento non dirò del nulla, ma del poco e della frugalitá; che per la ricupera di mio fratello averei volontieri dato sino alla camicia; ch’io ero riverente e buon suddito del mio Principe, ma che morirei piuttosto di addossarmi la catena degli affari d’una grave magistratura circuita da’ raggiri, dominata dalle private passioni, schermendomi perpetuamente da’ lacci degl’insidiatori, studiando caratteri di giudici spesso cambiati, spesso tra loro discordi, sottomettendomi a delle immense fatiche con frequenza rimproverate a torto e sfortunate frequentemente; le quali cose credeva io che avessero molto contribuito allo stato infelice in cui si trovava il mio infelice fratello. Terminava la mia risposta con quel sentimento di Francesco Berni, riguardo all’indole mia:

Voleva far da sé non comandato.

Una nuova lettera di quella dama mi trattava da eroe romanzesco. Mi stimolava con delle punture a spedir tosto il mio memoriale di supplicazione per essere eletto sostituto al fratello, assicurandomi che sarei rimasto al possesso di quella lucrosa ispezione s’egli mancasse di vita. M’adduceva che i molti desiderosi di quell’uffizio sollecitavano con de’ forti maneggi la elezione d’un sostituto per entrare nel possesso di quello. Terminava la lettera facendo a me un debito di coscienza il dover non rifiutare un onorario che serviva di soccorso alla famiglia di mio fratello.

La chiusa di quella lettera mi fece conoscere con qualche fastidio che la dama era pressata a consigliarmi piú da quella famiglia che l’adulava che dalla sua premura, e risvegliò i miei riflessi da osservatore sulla umanitá.

— Come! — diss’io tra me. — Noi siamo quattro fratelli divisi da trenta e piú anni, e ognuno conosce il proprio patrimonio. Mio fratello Gasparo ebbe il suo partaggio per quelle legali divisioni. La ereditá non indifferente per parte della nostra madre, per una predilezione, cadde nella famiglia del fratello Gasparo. Non basta che per piú di trent’anni io mi sia dicervellato e consunto in litigi per preservazione ed accrescimento del di lui