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concesso dagli accidenti della comica Ricci s’era presentato a vari ossequiati tribunali per ottenere la sospensione della commedia, e ch’era stato rigettato. Mi provò con molte ragioni a suo modo ch’io era in ciò plenipotenziario e ch’io poteva impedire che la commedia non andasse piú nel teatro. Disse che il Sacchi capocomico, a me obbligato per benefizi avuti e sperati in progresso, sarebbe disceso, e che il nobil uomo Vendramini non aveva facoltá di astringere il Sacchi a riprodurre la commedia, e che perciò attendeva dalla mia da lui voluta autoritá tal sospensione.

Risposi che mi doleva la sua circostanza da lui solo proccurata; ch’io non mi credeva in facoltá di sospendere una commedia donata, licenziata e voluta da’ superiori, accolta e chiamata dal pubblico, troncata il martedí con tanto scandalo con un mendicato pretesto d’una comica, invitata e promessa replicatamente al pubblico che n’è in possesso; e che finalmente le sue istanze rigettate da’ riveribili tribunali avvaloravano i miei riflessi e la mia soggezione. Egli sprezzò tutte le mie ragioni, insistí nella mia da lui ideata «plenipotenza» e mi pregò a fare che la commedia non entrasse piú in iscena.

Proccurai di persuaderlo a soffrire che fosse riprodotta per una sera in soddisfazione del pubblico, ché tenterei che non andasse piú innanzi. Tutto fu vano, e rinnovando la sua dimanda, aggiunse che «se quella commedia ritornasse in teatro il venerdi egli, non curava piú la sua esistenza».

Mossa a compassione d’una mente riscaldata la mia amicizia, promisi di fare dal canto mio il possibile; che avrebbe riscontri del mio operare. Ed egli partí.

Scrissi tosto un viglietto a Sua Eccellenza Vendramini chiedendo in grazia che la commedia non andasse piú in teatro. Trovai il Sacchi, chiesi lo stesso favore, ed egli mi fece conoscere la indignazione del pubblico e la fatale sventura a cui s’esponeva, ma si espresse che si sarebbe sacrificato. Il nobil uomo Vendramini mi scrisse che non era possibile la grazia chiesta. Mi portai la sera del giovedí colla persona del signor Carlo Maffei dal signor Francesco Contarini zio del circospetto signor Gratarol, lo pregai a far nota al nipote la impossibilitá dell’esito de’ miei trattati e a calmarlo, promettendo che le recite non sarebbero corse oltre al venerdí. Ebbi in risposta ch’io poteva e doveva far sospendere la commedia.