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uscire che ciò ch’era uscito; ch’egli non s’era valso del di lui mezzo per volere da me un impossibile, che per macchinare de’ tranelli di vendicativa solennitá; e che il contegno del signor Francesco Contarini, con cui venne a dare la risposta del nipote che l’aveva sedotto, aveva spiegata abbastanza la intenzione del Gratarol.

Giunse mio fratello Gasparo, il quale mi condusse dal senatore Paolo Renier che fu poscia doge di Venezia e ch’io non conosceva.

Quel signore volle sapere dalla mia voce la ingenua serie de’ fatti relativi alla commedia, al Gratarol e alla di lui comparsa nella mia abitazione. Gli narrai tutto colla piú scrupolosa candidezza. — Ebbene — diss’egli — estendete con puritá e la possibile brevitá la storia de’ casi che mi narraste, in forma di memoriale da presentare al tribunale supremo, supplicando d’avere risarcimento all’onor vostro annerito dal proditorio viglietto del Gratarol. Unite al memoriale il viglietto aggressore, le testimonianze che nominaste, quanto avete in quest’argomento; e recate a me ogni cosa.

Ho ciecamente obbedito. Non credo che ci sia sciocco il quale possa dubitare ch’io abbia posto in apparecchio nella mia storia, in forma di memoriale, cose che avessero ombra di falsa querela o di menzogna da presentare ad un tribunale di cui non v’è chi non tremi. L’indole mia non farebbe ciò con la piú inconsiderabile persona. Chi può immaginarsi ch’io abbia alterata la veritá innanzi a tre giudici che fanno spavento a tutti e che a qualunque picciola falsitá rilevata m’avrebbero folgorato? Il mio memoriale storico è quello che segue.

SERENISSIMO PRINCIPE

Illustrissimi ed eccellentissimi signori inquisitori di Stato,

Esibita a me Carlo Gozzi, suddito fedele di questo serenissimo dominio, dalla compagnia comica del teatro Vendramini sin dall’anno 1775 una commedia spagnola di Tirso de Molina intitolata: Celos con celos se curan, da ridurre ad uso de’ nostri