Pagina:Gozzi - Memorie Inutili, vol 2, 1910 - BEIC 1838429.djvu/106

CAPITOLO XXXVII

Primi passi da me tentati per aderire alla premura del sconoscente

e falso ragionatore.

Mi determinai a rivolgere le mie calde preghiere, i miei calzanti uffizi e anche le mie minacce verso le persone che per il ragionamento del Gratarol erano quelle dalle quali dipendeva l’esporre o il non esporre la sera de’ diciassette e non mai piú la commedia, e che secondo lui dovevano dipendere dalla mia volontá.

Le giornate del gennaio sono brevi, e quella del dí sedici era stata in gran parte consumata dall’intempestivo, strano, eterno colloquio. Aveva poche ore di tempo alla mia buona volontá.

Abbandonai tutte le idee de’ miei progetti e chiusi nello scrittoio il mio prologhetto come cose assolutamente sprezzate e rifiutate.

I miei primi assalti furono verso il patrizio Antonio Vendramini padrone del teatro e verso il capocomico Sacchi. Doveva cercare questi due oggetti dall’uno all’altro polo di Venezia e il tempo mi mancava.

Scrissi dunque una supplica con un viglietto a Sua Eccellenza Vendramini. Alcune parole cancellate ed aggiunte dopo aver scritto in fretta il viglietto, le quali difformavano la nitidezza del mio foglio, m’obbligarono a rifare una copia da spedire. È soltanto per ciò e non per una direzione suggeritami dalla cautela, che mi rimase la copia autentica ch’io presento all’occhio del mio lettore.

 Eccellenza,

I pubblici discorsi che quantunque appoggiati al falso offendono il mio carattere e pregiudicano delle persone a me amiche, e molti aneddoti a me noti mi fanno discendere a supplicare