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parte seconda - capitolo xxxvi 97


A queste parole il furente ragionatore volle alzarsi dalla sedia procelloso. Il Maffei agitato lo trattenne a forza sulla sedia dicendogli: — Ascolti, ascolti; la prego. — Io chiusi gli occhi, strinsi i denti e seguitai a esporre il mio progetto con quel poco di calma che mi restava.

Progettai di tentare con tutti i possibili sforzi di ottenere che recitata la commedia la sera de’ diciassette in obbedienza de’ tribunali e delle promesse fatte al pubblico, fosse sospesa e sbandita per sempre dal teatro.

Progettai d’essere con lui quella sera ad ascoltare la commedia in un palchetto proscenio in vista a tutti gli spettatori ch’io prevedeva affollati. Proccurai di fargli conoscere che ciò averebbe cagionato un rovescio d’opinioni nel pubblico.

L’assicurai che essendo con lui in atto amichevole e scherzevole ad ascoltare quella commedia, l’averei disingannato in tutti que’ tratti satirici sul costume ch’egli m’accennasse e ch’egli aveva adottati come diretti a lui solo, imbevuto d’un sospetto di mala impressione, e che gli averei provato con evidenza che non erano che tratti satirici generalissimi.

Gli dissi che aveva scritti ventiquattro cattivi versi in forma di prologhetto, diretti al pubblico, che averei fatti licenziare e stampare tra quella giornata e la notte vegnente e donare alla porta del teatro a tutti quelli ch’entrassero alla commedia, ch’io proccurerei che fosse l’ultima recita. Gli ho esibito di leggerli cotesto prologhetto, per cancellare o per aggiungere entro a’ limiti della convenienza tutto ciò ch’egli mi suggerisse.

Il mio ragionatore volle alzarsi nuovamente dalla sedia con dell’impeto sprezzatore. Lo sbigottito e imbrogliato Maffei lo tenne fermo con le solite parole: — Ascolti, ascolti, ascolti.

Io non poteva piú reggere con quel frenetico, e tuttavia gli lessi il prologhetto esibito. Eccolo di stile popolare.