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parte prima - capitolo ii 33

nelle belle lettere, aveva della pietá per la mia debolezza, che era anche la sua, e mi soccorreva d’avvertimenti e di libri rarissimi, capidopera di eloquenza semplice, di prosa e di poesia italiana.

Non saprei render conto della quantitá di carta da me consumata e colmata di pensieri, di prose e di versi.

Ho voluto imitare lo stile di tutti i scrittori antichi toscani piú celebrati. Sono certo di non esser mai giunto alla lor perfezione; ma sono certo ancora che la lettura indefessa, non superfiziale, d’una montagna di buoni libri, che trattano di tutte le materie, non lascia una migliore testa della mia, vuota né di lumi, né di nozioni, né della facoltá di riflettere e di conghietturare con aggiustatezza, né di morale; e sono altresi certissimo che l’esercizio efficace dell’imitazione nello scrivere insegna la facilitá dell’esprimere le proprie idee colle tinte, co’ termini, colle frasi differenti, o adeguate a quelle immagini gravi, famigliari e facete, che nascono negli intelletti nostri e vogliamo altrui comunicare sviluppate nel loro vero aspetto e ben tinteggiate con delle prose o de’ versi.

Senza giugnere alla facoltá che ho cercata in questo proposito, mi sono acquistato la infelicitá di rimanere nel numero di pochissime persone conoscitrici di questa veritá, e mi sono guadagnato quell’altra miseria di leggere a stento con della noia, dell’antipatia insuperabile e del disprezzo molti libri italiani moderni, ripieni di false immaginazioni, di sofismi, e soprattutto di un’eloquenza e d’una dicitura sempre eguale in tutte le materie che trattano, lorda di gergoni, d’ampollositá, di goffaggini, di periodi vorticosi ed oscuri e d’un frasario ridicolo.

Le scienze, le cognizioni e le scoperte vantate, delle quali oggidí si tratta, saranno utili e rispettabili, e perciò non dovrebbero essere profanate e vilipese dalla incolta, impura, impropria e spropositata dicitura. Francesco Redi fu grand’uomo, gran filosofo, gran medico, gran naturalista, e favorisce la mia opinione co’ scritti suoi. L’opere di belle lettere, di spirito e poetiche, sono assolutamente cattive, spregievoli e indegne dell’immortalitá, se mancano da questa parte.